06-09-2010

Politica industriale, ll nodo irrisolto

Secondo Tremonti la crisi è finita, secondo Draghi dovremmo imitare i tedeschi (basta leggere Croce per ritorvare le stesse contrapposizioni poco meno di un secolo fa, al tempo del governo Giolitti), secondo Napolitano manca una politica industriale per il paese.
Tre delle cariche istituzionali più significative (l'unica posizione propositiva ci sembra quella del Presidente della Repubblica), offrono tre scenari irriconciliabili tra loro. Che in Italia ci sia bisogno di un Istituto di Programmazione Industriale è indubbio (non produciamo nè un pannello solare nè una pala eolica, il turismo è lasciato alla scarsa iniziativa individuale), ma come sempre accade, senza una guida competente e dotata di poteri forti questi organismi si risolvono sempre in cogestioni con i sindacati, che come ricordava nei giorni scorsi Bombassei di Brembo, non sono mai funzionate.
In un momento in cui poi, secondo le tesi ufficiali, la ripresa è iniziata, sembrerebbe logico presidiare al più presto la commissione di borsa (Consob), perchè più aziende dovrebbero tornare ad affacciarsi al mercato dei capitali. Inoltre, la prevista introduzione dell'albo dei consulenti indipendenti, utile contrappeso allo strapotere delle banche, dovrebbe convincere dell'opportunità di rafforzare l'istituto non solo come organo di vigilanza ma anche come motore di riforma per il mercato.
Eppure la posizione di Cardia è vacante oramai da alcuni mesi.
Ma chi la assumerebbe volentieri, mentre probabilmente lo stato di salute delle banche quotate in borsa, l'ammontare di strumenti Derivati in possesso delle famiglie e la comunicazione istituzionale di alcuni grandi gruppi industriali creano una miscela esplosiva per chi se ne dovesse occupare con serietà?

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