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Lavoro in Italia
23-10-2005

Riforma delle pensioni cosa bisogna sapere

La legge 23 Agosto 2004 (entrata in vigore in Settembre 2004) delegava il governo ad emanare entro i successivi dodici mesi decreti legislativi che liberalizzassero l''età pensionabile, eliminassero il divieto di cumulo tra pensioni e redditi da lavoro, sostenessero lo sviluppo di forme pensionistiche complementari. Punti salienti della riforma consistono nel graduale elevamento sino al 2014 dell''età pensionale a 62 anni per i dipendenti e a 63 per i lavoratori autonomi e nella possibilità per il lavoratore di vedersi riconosciuto, qualora decida di estendere la propria attività lavorativa di cinque anni tra i 2004 ed il 2007, il contributo che altrimenti l''azienda verserebbe al TFR, direttamente in forma di maggior stipendio.
I dodici mesi sono passati ma soprattutto un punto nodale, quello dell''incentivazione di forme di previdenza complementare, non è ancora risolto. I due punti aperti sono ancora quelli di cui scrivevamo nella sezione scenari in un articolo del 13 Settembre scorso.
Cosa cambia di fatto nel passaggio da un sistema previdenziale pubblico a quello integrativo?
Il sistema pubblico si basa su un principio di solidarietà sociale, per cui chi è in età lavorativa paga la pensione di chi si è ritirato; la pensione pubblica è a prestazione definita ovvero garantisce un rendimento che è parametrato all''''Inflazione più una percentuale. Di fatto in anni come gli scorsi in cui i mercati finanziari hanno spesso prodotto rendimenti negativi, il sistema pubblico ha spesso offerto rendimenti superiori a quelli del sistema dei fondi a contrattazione collettiva, che non garantiscono un rendimento a priori (sono a contribuzione definita); da qui anche lo scarso successo di questi ultimi.
Il problema è che siccome il rapporto tra persone in età lavorativa e pensionati si sta abbassando a causa dell''invecchiamento della popolazione, il passaggio alla previdenza complementare è obbligato perchè non ci saranno più i fondi (già dal 2007 probabilmente) per pagare quei rendimenti che sarebbero maturati sulla base del meccanismo di Indicizzazione all''Inflazione (vedi nostro articolo "l''oracolo di Delphi" del 18 ottobre nella sezione attualità)
Attualmente anche il trattamento fiscale della previdenza complementare è più sfavorevole di quello relativo alla pubblica. Se a scadenza più di un terzo del dovuto viene liquidato in forma di capitale l''eccedenza viene tassata progressivamente e non già all''11, 5% come i frutti dell''investimento che maturano di anno in anno.
La discussione di cui si da ampio accenno nel nostro articolo del''13 settembre non ha nessuna rilevanza ai fini della protezione del lavoratore, sembra piuttosto una presa di posizione da una parte dei sindacati dall''altra delle assicurazioni per difendere i reciproci interessi.Quello che a nostro parere il governo dovrebbe introdurre per incentivare l''adesione a forme di previdenza complementare è un miglior trattamento fiscale. In assenza di questo punto difficile che la riforma spieghi effetti benefici significativi.

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