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24-09-2008

Valorizzazione dei portafogli, l'attenzione è di dovere

Polizze Unit linked, index linked, obbligazioni emesse da banche, difficile incontrare un risparmiatore cui questi strumenti non siano stati proposti dal proprio intermediario.
I prodotti strutturati, tipo le polizze, contengono un'Opzione che a suo tempo è stata con ogni probabilità negoziata dall'intermediario con una controparte di mercato. Il cliente non lo vedrebbe ma se la controparte di mercato fosse ad esempio Lehman, quell'Opzione non sarà con ogni probabilità regolata.
Diverse obbligazioni emesse dalle banche hanno spesso un ruolo subordinato nel rimborso, il che vuol dire che in caso di insolvenza i detentori di quelle obbligazioni non sono i primi ad essere rimborsati.
In un articolo poco felice, Zingales la scorsa settimana attaccava sul Sole la regola del "mark to market", quella appunto che porta a definire il vero valore di realizzo di certi strumenti.
La scelta di Goldman Sachs e Morgan Stanley di diventare banche consente a queste istituzioni di portare a portafoglio di investimento alcune poste che se valorizzate a mercato le metterebbero sotto ulteriore pressione.
Con questa logica Mediobanca riesce ad uscire con numeri che se la partecipazione ad esempio in Generali venisse valutata a mercato sarebbero forse peggiori.
Non esiste nessuna ragione difendibile per non valorizzare al loro effettivo valore di mercato le attività finanziarie. E' proprio il fatto che gli immobili non hanno un valore certo ad avere indotto il sistema statunitense a finanziare, andando molte volte a Leva, acquisti di immobili sulla base di perizie che non hanno attinenza con il loro possibile valore di realizzo.
Chiunque abbia strumenti strutturati o obbligazioni che non siano governative o emesse da enti sovranazionali nel proprio portafoglio farà bene a chiederne al proprio intermediario e pretendere di ricevere, l'effettivo valore di mercato, quello cioè a cui potrebbero essere venduti. Nel caso di polizze ed obbligazioni non quotate sarà certo difficile, ma comunque utile ad avere un quadro più chiaro.
La regola del "mark to market" invece che essere negata dovrebbe anzi trovare estensione ad esempio al patrimonio dei fondi pensioni negoziali; ci si difenderebbe da possibili brutte sorprese al momento in cui andando in pensione si scoprisse che l'effettivo valore di liquidazione della propria partecipazione nel fondo è inferiore ai rendimenti comunicati nel corso degli anni. Molti fondi pensione hanno fatto i rendimenti in questi anni rivalutando la componente immobiliare del patrimonio, non con le attività finanziarie. Se quelle rivalutazioni corrispondano all'effettivo valore di mercato degli immobili è questione aperta.
Se la regola di mercato fosse applicata ai fondi immobiliari ad apporto, si eviterebbero inoltre gravi rischi di crollo del mercato, nel momento in cui alla scadenza capitasse che il valore di liquidazione sia inferiore a quello risultante dalle valorizzazioni.
La trasparenza non ha mai fatto danni.

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