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16-03-2005

Allargamento della UE, chi e quando

A decorrere dallo scorso 1° maggio, 10 nuovi paesi hanno fatto il loro ingresso nell’Unione Europea che, adesso, conta 25 paesi per un totale di 455 milioni di persone, rispetto ai 290 milioni degli Stati Uniti e ai 127 milioni del Giappone.
In termini demografici, l’apporto dei 10 nuovi paesi è di 75 milioni di persone (+20%), ma il loro apporto in termini economici - quattro quinti del quale generato da Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria - rappresenta meno del 5% del Pil globale dell’Unione Europea prima dell’allargamento.
Quest’ultimo dato mette bene in luce le differenze sostanziali ancora presenti all’interno dell’area.
Dei 10 nuovi paesi membri (Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Slovenia e Ungheria), gli otto paesi dell’Est appartenevano all’ex blocco comunista o addirittura erano repubbliche sovietiche.
Pur compiendo importanti passi avanti dopo la caduta nel 1989 del muro di Berlino, i paesi dell’est entrati a far parte dell’UE presentano ancora grosse carenze per quanto concerne lo sviluppo di una moderna cultura economica e di mercato, come pure profonde differenze rispetto agli paesi membri dell’UE.
Che importanti progressi siano comunque stati compiuti in tempi relativamente brevi è dimostrato dal fatto che, per poter accedere all’Unione Europea, i paesi citati hanno dovuto soddisfare i criteri fissati dal Consiglio Europeo nel vertice di Copenhagen del giugno 1993.

Questi criteri si suddividono in tre segmenti fondamentali:
- Politico: stabilità della democrazia e delle sue istituzioni che garantisca i diritti democratici (rispetto dei diritti umani e la protezione delle minoranze)
- Economico: un’economia di mercato funzionante, in grado di sostenere la concorrenza con gli altri paesi dell’UE
- Giuridico: la capacità, in qualità di paesi membri, di ottemperare ai dispositivi legislativi (politici, economici e monetari) dell’Unione.

La decisione di inglobare nell’UE i 10 nuovi paesi, intervenuta nel 2002, nuovamente a Copenhagen, non sancisce solo l’allargamento dell’Unione Europea in quanto tale, ma ricompone, di fatto, la frattura del 1945 che separò il continente europeo in due blocchi ben distinti.
Se l’ampliamento economico-commerciale appare, tutto sommato, già in buona parte concretizzato (il 65% delle esportazioni dei nuovi paesi membri è assorbito dall’UE, mentre il 60% delle importazioni dei nuovi paesi membri proviene dagli altri 15 paesi UE), anche grazie alla liberalizzazione degli scambi decisa negli anni ’90, l’integrazione reale attraverso tutta una serie di norme e dispositivi richiederà un lavoro immane.

Gli atti giuridici dell’UE che i nuovi membri dovranno “implementare” sono 26''000.
Già dal momento della loro entrata, i nuovi 10 membri hanno comunque partecipato attivamente all’allestimento della Convenzione europea, attraverso la nomina di un commissario per ogni nuovo paese membro.
Si diceva poc’anzi delle ancora enormi differenze fra i 10 nuovi membri e gli altri paesi dell’UE.

Alcune cifre rendono il quadro generale in questo ambito particolarmente significativo.
Infatti, i 75 milioni di nuovi cittadini europei percepiscono mediamente il 40% del reddito dichiarato degli altri 15 paesi.
Una differenza davvero importante che ha indotto le autorità europee a fissare negli accordi di adesione un’assistenza Finanziaria di 10 miliardi di euro nel 2004, 12,5 miliardi nel 2005 e 15 miliardi nel 2006.
Le somme destinate ai nuovi paesi membri andranno ad aiuti regionali e strutturali, alla politica agricola e alle amministrazioni.

Stando ai piani sottoscritti a Copenhangen, l’allargamento ad est dovrebbe poi proseguire nel 2007 , con l’entrata di due nuovi paesi, la Bulgaria e la Romania.


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