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19-03-2009

Cambi, e l'Europa sta a guardare

Il folto gruppo dei banchieri centrali europei e dei politici dei vari paesi dell'Unione è riuscito nell'intento poco difendibile di convincere i mercati che qui la situazione è diversa. L'approccio alla comunicazione è sempre quello della pillola un po' per volta. Prima si dice che le banche europee sono solide poi si ricorre al loro salvataggio, che però viene presentato come un'opportunità per il mercato, come nel caso dei Tremonti Bond.
Gli Stati Unti, che hanno una quantità enorme di colpe in questa crisi ma hanno capito la gravità del problema, hanno più volte provato, anche ricorrendo all'intervento del recente premio Nobel per l'economia di fronte alla Commissione Europea, a sensibilizzare l'Europa su un approccio al rilancio di tipo keynesiano. La risposta è stata deludente, dalla Merkel in Germania preoccupata della spesa pubblica domestica, all'Italia che unico degli Otto, invece che lanciare piani di stimolo fiscale pensa bene di tassare ancora un po' "i ricchi".
Il machismo della nostra politica troverà con ogni probabilità ragione di orgoglio nella rinnovata forza dell'Euro che, oltre a creare le condizioni per una svalutazione devastante, quando finalmente (il più possibile vicino alla scadenza del mandato di Trichet, che a quel punto si sarà trovato un altro lavoro) anche l'Europa adotterà misure seriamente espansive, condannerà il vecchio continente a anni, forse decenni di sottosviluppo.

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