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02-07-2005

Economia e mercati finanziari a luglio 2005

Siamo a metà anno e dobbiamo fare il punto della situazione. No, non siamo in procinto di spendere le prossime pagine nell’ analisi delle performance, verificando se il sovra o sotto peso di alcuni settori o alcuni titoli (solitamente riconducibile a frazioni di punto percentuale!) ha prodotto gli agognati 10 centesimi di rendimento in più rispetto al Benchmark o se avendo avuto 10 centesimi di rendimento in meno
rispetto allo stesso si debba “rivoluzionare” (si fa per dire!) i pesi delle singole asset class in portafoglio.
Non siamo in procinto di spendere pagine su pagine sull’ argomento perchè il farlo può essere fuorviante e pericoloso : chi usa misurare la bontà delle proprie “lscelte di investimento” con l’ andamento mensile delle performance in moltissimi casi e’ destinato a perdere miliardi di euro senza neppure accorgersene. Il sistema dei fondi Italiani ne e’ un esempio.
Pensate : l’ indice Eurostoxx 50 comprensivo dei dividendi e’ ritornato sui valori di giugno 1999, mentre i fondi azionari europa hanno una performance negativa di 16 punti percentuali !
L’ indice Mibtel comprensivo dei dividendi dal giugno 1999 guadagna il 21% mentre i fondi azionari Italia il 17% !
L’ indice Morgan Stanley world free comprensivo di dividendi dal giugno 1999 guadagna circa il 2% mentre i fondi azionari internazionali perdono il 23% !
In assoluto questo significa che su queste tre categorie il sistema fondi ha registrato perdite per circa 5 miliardi di euro mentre i mercati nel frattempo avrebbero giustificato un guadagno di 3 mld di euro.

Fare il punto della situazione significa analizzare se l’ interpretazione che abbiamo dato del ciclo economico in atto con la conseguente identificazione di attività finanziarie sottovalutate e sopravvalutate da cui poi discendono le strategie di investimento in essere sui nostri fondi, e’ una interpretazione che con il passare del tempo trova riscontro nell’ evoluzione delle variabili macro e micro economiche. I pilastri delle nostre scelte di investimento da diverso tempo sono i seguenti :
- l’ azionario (U.S.A , Giappone, Europa nell’ ordine) e’ attualmente la migliore opportunità di investimento (indicazione che portiamo avanti dal settembre 2002);
- i tassi a breve termine (scadenze entro i 3 anni) negli Stati Uniti sono alla fine del loro trend rialzista e quindi sono una buona opportunità di investimento (indicazione che portiamo avanti dal giugno 2004);
- i tassi a lungo termine (scadenze oltre 8 anni) negli Stati Uniti sono leggermente al di sotto (40 bps / 80 bps) del loro livello di equilibrio (indicazione che portiamo avanti dal giugno 2004). Non siamo però in presenza di alcuna bolla speculativa; i tassi in Europa sono da evitare (indicazione che portiamo avanti dal giugno 2004);
- il miglior investimento valutario risulta essere il dollaro (indicazione che portiamo avanti da fine ottobre 2004).

Ci preme sottolineare che nell’ ultimo mese diversi fatti sembrano avvalorare la bontà di tali scelte.
Riguardo l’azionario nell’ ultimo anno negli Stati Uniti le attività di M&A settimanali hanno raggiunto la cifra di 21 miliardi di dollari di controvalore : la cifra e’ la più alta dall’ estate 2001 e significa che nell’ ultimo anno le acquisizioni hanno raggiunto la cifra di 1000 miliardi di dollari.
Non solo. Più importante e’ notare che da inizio anno delle prime 36 operazioni annunciate (su un totale di 4453) il cui controvalore e’ di circa 300 miliardi di dollari, 28 prevedono il regolamento dell’ operazione in cash o in forma mista cash / stocks per un controvalore di 196 miliardi di dollari.
Contrariamente al passato le società statunitensi pagano tramite cash e non tramite emissione di azioni evidentemente in quanto ritengono le proprie azioni sottovalutate !
Riguardo i tassi di interesse negli Stati Uniti, sicuramente gli ultimi commenti di alcuni esponenti delle FED avvalorano quanto diciamo da tempo : dal primo giugno ad oggi l’ Inflazione realizzata negli Usa e’ scesa dal 3,5% al 2,8% anno su anno, mentre quella attesa implicita nei titoli indicizzati all’Inflazione oscilla tra il 2,6% ed il 2,4%. L’ apprezzamento del dollaro vale almeno come 0,5% di rialzo sui FED’s Fund.
Se, come riteniamo, i tassi sui FED Fund’s sono prossimi al loro livello di equilibrio, allora quelli a lungo termine, se comparati a quelli a breve termine, sono sì bassi rispetto a quelli storicamente realizzati in periodi di crescita economica, ma non siamo certo in presenza di una bolla speculativa : se il tasso a 10 anni aumentasse dal 4,11% al 4,9% saremmo addirittura in presenza di tassi storicamente convenienti ossia di una pendenza di curva eccessiva !
Al contrario, in Europa, l’ effetto della svalutazione dell’ euro sul dollaro di circa un 11% da inizio anno ad oggi, deve ancora dispiegare i suoi effetti sui prezzi al consumo : a nostro avviso questo non sara’ inferiore al 1% portando sul fine anno l’ Inflazione nell’ area euro al 3,5% dal 2,3% anno su anno.
Se così fosse crediamo che la BCE potrebbe alzare i tassi al 3% prima di quanto i mercati si aspettino provocando un cataclisma sui titoli di stato europei .
Ricordiamo infatti che un Bund decennale tedesco oggi presenta un rendimento a scadenza del 3,3% e quindi assegna probabilità pari a zero ad un rialzo tassi entro l’ anno.
I punti sopra enunciati ci pare siano ampiamente compatibili con lo scenario teorico entro il quale ci stiamo muovendo da oramai un anno e che in estrema sintesi riassumiamo brevemente : la Fed continuerà a predisporre le condizioni (tassi reali negativi ) affinché le imprese (con ingente liquidità) decidano di riappropriarsi della capacità di mark-up (ora molto basse come dimostra l’ Inflazione al 2,8% medio annuo dopo una svalutazione del 30% circa), attraverso la riduzione dell’ eccesso di capacità produttiva (ora al 20,4% contro una media storica intorno al 18%). Dato il tasso di incremento di produttività elevato (2,9% annuo) e data la dinamica degli utili (ai massimi storici) la via migliore per attuare questa strategia e’ acquistare i concorrenti.
Se l’ ultimo decennio ha visto il capitalismo evolversi verso la forma della concorrenza perfetta il prossimo forse vedrà le imprese impegnate a tornare verso un regime meno concorrenziale e più oligopolistico.
Tutti sappiamo che la concorrenza perfetta rappresenta la fine del capitalismo in quanto porta all’ azzeramento dei margini delle imprese e sicuramente quello che abbiamo vissuto nell’ ultimo decennio assomiglia molto ad un regime concorrenziale perfetto in molti settori, dall’ elettronica di consumo al retail, dove il pricing power delle imprese e’ andato via via assotigliandosi. Fino a che il pricing power non verrà ristabilito la FED sarà la più fedele alleata delle imprese e manterrà tassi reali negativi o pari a zero.
Oltre tutto un regime di tassi reali negativi sarebbe positivo anche da un punto di vista macro : non e’ forse vero che l’ ammontare di debito vecchio (stock) e nuovo (deficit) e’ elevato in tutti i paesi industrializzati ?
Ricordando che, ad oggi, il nostro modello segnala una sottovalutazione dell’ azionario rispetto all’obbligazionario, in questo scenario affermiamo la nostra impostazione favorevole per l’investimento azionario rispetto ai bonds, mantenendo, la dove e’ possibile, la restante parte obbligazionaria su titoli in dollari con Duration breve. (a cura di grifogest.it)


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