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10-08-2012

Euro, Necessario un Compromesso

Complicata analisi sull'Economist di questa settimana sui vari "piani B" per l'uscita di uno o più paesi dall'euro: la conclusione che sembra poterne trarre che nessun politico sano di mente si prenderebbe mai il Rischio di esplorare alcuna di quelle alternative. Vale allora forse la pena di capire quali sono gli obiettivi delle varie parti, su cui c'è grande confusione. Gli eventi delle ultime settimane aiutano a chiarirli in modo quasi inequivocabile. Si tratta evidentemente di ipotesi ma come nel metodo scientifico un evento deve essere dimostrabile e replicabile, pare proprio che nessun fatto sia con esse in contrasto.

1. BCE: si può provare ad arrampicarsi sui vetri ma non si può logicamente sostenere che Draghi non si sia contraddetto nelle scorse due settimane. La circostanza sembra coerente con l'ipotesi che parte del direttivo fosse favorevole ad interventi prima di eventuali salvataggi su Spagna e Italia ma che la decisione sia stata ostacolata dalla Bundesbank. Per fare un passo avanti la BCE deve almeno rispondere alle domande di Rajoy, su quali in effetti sarebbero gli interventi di sostegno in caso di accesso della Spagna agli aiuti UE. Le due risposte principali riguardano la dimensione dell'intervento della BCE e la questione del signoraggio: nel caso della Grecia la BCE è uscita dai vecchi Bond senza una perdita, anzi con un utile, cosa che sarebbe inaccettabile d'ora in avanti, perchè equivarrebbe ad un nuovo trasferimento di ricchezza dai privati allle istituzioni.
2. Germania. Sta cercando di correggere gli errori del suo ministro delle finanze, Scheuble, che ha forse il peggior record storico di qualsiasi economista del dopoguerra, non ha azzeccato una previsione, utilizzandoli come opportunità per un processo di unificazione politica contro cui offrirebbe nuovi aiuti. In una prima fase funzionerebbe, soprattutto nei confronti dell'Italia perchè libererebbe risorse dalla macchina pubblica con tutti i tagli che i commissari UE apporterebbero ai costi della politica e delle varie amministrazioni. Smontare il sistema di privilegi però non è cosa di due giorni: se Draghi non rinuncia alla sua pensione da ex funzionario delle stato, difficile aspettarsi che lo facciano stuoli di pensionati d'oro e di dirigenti pubblici. Allora la Germania dovrebbe forse iniziare a sostenere la Spagna, dove margini di compressione per la spesa pubblica non ci sono, senza imporre troppe condizioni capestro. Questo forzerebbe l'Italia, unica nazione a Rischio dove vi è ancora molto da tagliare, ad agire autonomamente, pena l'isolamento.
3. Spagna: dovrebbe provare a presentare un piano industriale di rilancio, basato sull'istruzione e la riqualificazione della forza lavoro a Rischio. E'il punto su cui si inchiodano tutte le politiche monetarie espansive, se non accompagnate da un progetto di programmazione economica: meglio chiedere deci miliardi in più ma arrivare con dei progetti. Negli Stati Uniti la grande scommessa della Fed in parte non funziona perchè la disoccupazione sta diventando strutturale. Molte università americane hanno ora bilanci in difficoltà perchè ne escono studenti non adatti alle richieste del mondo del lavoro e perchè nessuno ha pensato a come riqualificare milioni di lavoratori in eccesso. L'agricoltura sembra uno sbocco evidente: non c'è niente di male se un operaio ad esempio dell'industria automobilistica o un giovane studente, o un ex dirigente imparano a fare i contadini, magari non a casa loro. Il mondo produce risorse alimentari ben in eccesso del fabbisogno mondiale, solo che lo fa nei posti sbagliati così che molta roba va buttata. La Spagna può inoltre contare sul turismo e sulla riqualificazione dell'industria dell'eolico, che sembra ora sepolta, ma qualcosa da salvare ci sarà pure.
4. Italia. Perchè il paese esca da questo immobilismo bisogna che vi sia costretto: in questo senso crediamo vadano le dichiarazioni di Monti degli scorsi giorni, tutte in fondo tese a rivendicare maggiori autonomie del governo dal parlamento. Monti avrebbe dovuto affrontare questo che è il nodo cruciale, smontando gli interessi della politica si fa crollare l'immensa cupola della malagestione, nei primi mesi del suo mandato, una specie di "cento giorni di Roosevelt". Complice una certa sicumera non lo ha fatto e da solo non riesce più. Nel frattempo riemergono , da Brunetta a Bersani ambizioni politiche stantie e prive di contenuto. Monti a questo punto deve parlare chiaramente di salvataggio, la cosa che spaventa di più la politica perchè vuol dire essere immediatamente spogliati del proprio sistema di privilegi e porlo come alternativa inevitabile, ma si tratta di settimane, ad una riforma radicale della macchina pubblica. Il passaggio difficile qui è che così Monti perde la faccia: speriamo che questi mesi lo abbiano portato a metttere senza alcuna riserva il bene del paese al di sopra del proprio.
Altrimenti si va verso la"tempesta perfetta" che come un orologio rotto, Roubini va predicando da anni. Ma come gli orologi rotti, ogni tanto si finisce per avere ragione.

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