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20-09-2012

Il Piano di Acquisto di Titoli di Stato Danneggera’ gli Investimenti Piu’ Volatili

Dal momento in cui verso la fine di giugno Draghi ha preso l’impegno di fare qualsiasi cosa occorresse per salvare l’euro, gli investitori sono tornati ad aumentare il loro profilo di Rischio.
Le reazioni all’annuncio da parte della Bce delle cosiddette “OMT” (Outright Monetary Transactions), ora validate dal QE3 , sono state la ciliegina sulla torta.
Per la gioia dei mercati, il piano di Draghi è un modo intelligente e tecnicamente ineccepibile, anche se non del tutto evidente, di fare qualcosa che è stato già formalmente rigettato, ovvero di mandare a Leva la combinazione dei fondi di salvataggio noti con gli acronimi EFSF/ESM. Purtroppo non è economicamente fondato. La reazione “Pavloviana” (di riflesso condizionato, n.d.t.) dei mercati ad operazioni di politica monetaria ancora una volta non durerà perché da sola la BCE non può risolvere la crisi.
Per ora i mercati azionari hanno reagito molto bene, con rendimenti medi del 6% da metà anno, praticamente eguagliati dall’andamento dell’obbligazionario europeo e dall’aumento dei prezzi del comparto energetico. Seguono subito dopo le obbligazioni di aziende europee di alta qualità, il comparto immobiliare, i metalli industriali, il settore minerario. La Bce può ricevere gran parte del merito, ma non e’ sola. Il “Q3” e l’annuncio cinese di un miliardo di yuan di stanziamenti per nuovi investimenti in infrastrutture hanno acceso le micce, da quelle parti, per la fiammata di borsa più significativa degli ultimi otto mesi.
Sono stati i mercati azionari europei e i metalli preziosi, in particolare l’oro a registrare i rialzi più significativi. Cosa se ne può dedurre della psicologia degli investitori? Entrambe le classi di investimento fanno bene sull’attesa che il bilancio della BCE, già cospicuo, sia ulteriormente gonfiato. Le poste all’attivo del bilancio della BCE rappresentano già una percentuale ben più alta, rispetto al Pil dell’area di riferimento, del corrispondente rapporto per Banca d’Inghilterra e Fed.
L’oro può beneficiare delle conseguenze più durature di questo processo di monetizzazione, ma per i mercati azionari ci vuole molto di più per prolungare il loro ottimismo.
Draghi ha promesso di eliminare dal mercato il Rischio di eventi rari (“tail risk”), così che gli investitori possano tornare a contare sulle classiche correlazioni tra le varie classi di investimento e sull’identificazione di anomalie di mercato, piuttosto che preoccuparsi di preservare il capitale. Il Rischio di eventi non sistemici deriva dall’ aspettativa, che si autoalimenta, che un livello punitivo di tassi di interesse, in particolare quelli a breve di Spagna e Italia porti alla dissoluzione dell’euro. La BCE cerca di rompere il circolo vizioso tra Rischio di uscita dall’euro, tassi di interesse reali alti, scarsa liquidità del comparto pubblico e Rischio di insolvenza, depressione, scarsa capacità di approvvigionamento delle banche e così via. Da questo punto di vista il piano “OMT” è tecnicamente solido, i mercati hanno ragione di festeggiare.
Ma attenzione. Spagna e Italia devono presto chiedere aiuti alla troika ma potrebbero cercare di aspettare il più possibile. Ci sarebbero conseguenze all’eventuale decisione della BCE di non interrompere il piano “OMT” se uno dei richiedenti non rispettasse le condizioni imposte. Ed è proprio sicuro che la promessa di porsi sullo stesso livello degli altri creditori sia, in condizioni estreme, vincolante sul piano legale?
Con l’OMT il finanziamento del debito pubblico e delle banche diventerà ancora più caotico. Da qui l’uso frequente del termine “zombie”.
Ma la ragione principale per cui il rialzo dei mercati non durerà è che il piano non è solido, per ragioni sia economiche che politiche. L’insistenza di Draghi sul fatto che gli interventi della BCE dipendano da condizioni rigide è il prezzo per il sostegno della Germania e degli altri creditori. Il problema sta proprio in questo. L’enfasi quasi maniacale sulla necessità di rigore fiscale ha rinforzato un ciclo di misure di austerità che non è sostenibile. Le conseguenze sono la scarsa capacità di finanziarsi di paesi e banche deboli, di rimanere inoltre solventi. Il piano contribuisce poi a sostituire le banche centrali, soprattutto la Bundesbank come prestatori di ultima istanza, agli investitori privati, per cercare di ribilanciare gli squilibri nei flussi di capitali, in particolare quelli in uscita dalla “periferia”. Naturale che la tensione politica cresca alle stelle in Germania.
Il piano è fallace soprattutto perché si basa sull’ipotesi che se i paesi devono chiedere aiuto ai fondi (EFSF/ESM) con la conseguente attivazione degli acquisti della BCE (“OMT”), è perché i loro programmi di austerità richiedono una supervisione internazionale per essere ulteriormente rafforzati. Non ha senso né sul piano economico, perché aggrava l’instabilità fiscale ed economica né su quello politico perché fortemente disgregante, sia all’interno dei singoli paesi che tra di loro. Non vi è in esso niente che faciliti il processo verso l’ unificazione bancaria, della massima urgenza ma sino ad ora solo abbozzato: dove i due passi fondamentali sarebbero l’istituzione di un’unica autorità di supervisione ed un sistema di garanzie centralizzate sui depositi. Né quello di integrazione fiscale, che comprenda regole di comportamento dettate a livello centrale, e preveda l’emissione di debito comune.
Una ripresa duratura per l’azionario e le altre classi di investimento più volatili, sarebbe solo sostenibile in presenza del ritorno al processo di stabile finanziamento, da parte dei privati, della “periferia” dell’eurozona. Il rovescio della medaglia sarebbe il brusco innalzamento dei rendimenti sul debito tedesco, che farebbe sembrare insignificante la correzione dell’estate scorsa. Perché questo accada gli investitori chiedono due cose. Primo un piano per scongiurare la depressione, che è improbabile che sia posto in essere. Secondo, progressi credibili verso l’unione politica, che richiedono il supporto di Francia e Germania e dei loro sostenitori per un processo che preveda la parziale rinuncia alle sovranità nazionali, secondo tappe e concessioni di fondo profondamente diverse da quelle sino ad ora intraprese.
Draghi ha distolto l’attenzione dei mercati da queste cose, ma non per molto.
 

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