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13-12-2011

Non l'Euro ma La Democrazia a Rischio

Davvero centrato l'editoriale di Paul Krugman, editorialista del New York Times e Premio Nobel per l'economia, che sottolinea come in questo continuo gioco delle parti si stiano gettando le basi per fratture insanabili tra stati europei. Dopo l'incontro di venerdì, presentato come un successo di Sarkozy (si effettuavano paralleli con l'atteggiamento di De Gaulle nei confronti della Gran Bretagna), sono iniziati i cori di voci indignate verso l'atteggiamento "sprezzante" di Cameron - davvero un peccato che Monti si sia accodato a questo cicaleccio - colpevole di essersi erto contro un accordo che unanimemente, dalle agenzie di Rating a Confindustria e sino alle principali testate, viene ritenuto insignificante. Si continua a parlare dei grandi vantaggi che l'euro ha porato, ma di fatto oggi gli Stati messi meglio in Europa, Danimarca, Norvegia e azzaderemmo Gran Bretagna, l'euro non ce l'hanno. Niente di sbagliato nella moneta unica, ma si dovrebbe iniziare ad ammettere che nel modo in cui il meccanismo è stato concepito, autorità monetaria centralizzata e fiscalità lasciata ai singoli stati, non poteva funzionare.
Si è oramai però arrivati al punto che, come prima di tutti i grandi conflitti, invece che fare autoanalisi, il gioco della politica è diventanto quello di trovare dei cattivi altrove. Forse le guerre oggi si farebbero in Europa con gli embargo commerciali invece che con le armi, ma come nota Krugman, questa classe politica, con la sua comunicazione falsa e la ricerca di colpevoli, sta minando le basi della migliore democrazia del dopoguerrra.

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