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01-05-2012

Pareggio di Bilancio e Spending Review, i Conti non Tornano

Dal 24 aprile il pareggio di bilancio, il testo in Gazzetta parla all'articolo 6 del 2014  come prima data per il suo raggiungimento, e' legge costituzionale. Viene avviato nel frattempo il processo di revisione della spesa pubblica, circa ottocento miliardi: poco piu' di quattro miliardi di potenziali risparmio identificati da Giarda per il 2012, su spese potenzialmente aggredibili di poco meno di trecento. I quattro miliardi consentirebbero di evitare l'aumento delle aliquote Iva previsto per ottobre ma certo non sono neanche lontanamente adeguati a facilitare il raggiungimento del pareggio di bilancio tra due anni.

Con un rapporto attuale debito/Pil superiore al 120%, su un debito totale di poco meno di due triliardi e tenendo buone le stime del governo per la contrazione nel prodotto interno del 1,2 per cento per il 2012, non capiamo  come si arrivi ad una stima deficit corrente su Pil del 1,7% per il 2012: lo stock di debito e' aumentato di circa venti miliardi dall'inizio dell'anno, anche se le entrate sono aumentate dell'uno per cento sull' analogo periodo dell'anno scorso. Per arrivare  al 1,7% su tutto l'anno, venti miliardi sono gia' circa l'1,2%, occorre prevedere o che il costo per interessi sul debito in Italia scenda intorno al due per cento, cioe' a Spread sul Bund dell'ordine di cento/centocinquanta punti base, o che le entrate aumentino ulteriormente, visto che sul lato della spesa si trovano solo quattro miliardi.
Chissa' poi perche' occorre nominare un commissario straordinario, Giarda ha tutte le competenze per fare questo lavoro. Ma forse sara' piu' facile attribuire responsabilita' per un eventuale fallimento a qualcuno di esterno alla compagine.

La traiettoria del rapporto deficit corrente su Pil prevederebbe poi, sempre secondo le stime contenute nel DPEF  uno 0,5% per il 2013 e un 0,1%, ovvero il sostanziale pareggio, quello previsto dalla Costituzione, per il 2014. Ma come spiegato da Krugman e Summers in questi giorni (tra l'altro a partire da studi di Alesina, bravo economista italiano) le misure di austerita' provocano una riduzione piu' che proporzionale del Pil, http://www.finanze.net/news-austerita-effetto-perverso-2810-c-vale-un-minuto-202.html, per cui e' da escludere che il Pil torni a crescere nel 2013, a meno che, ponendo mano allo statuto della BCE, non si intervenga con operazioni di "quantitative easing", di intervento diretto della banca centrale a sostegno dell'economia. Mettere in circolazione piu' moneta funziona, a differenza di quanto sosteneva Friedman, quando l'economia cresce a ritmi bassi non quando si contrae o stagna intorno allo zero, perche' in quelle condizioni non si avvia alcun "moltiplicatore". Coerentemente con questa tesi, le operazioni LTRO, pure immissioni di moneta,  hanno portato a deflussi di capitali esteri da Italia e Spagna, si veda questo bel grafico di Rabobank:



Il raggiungimento del pareggio di bilancio per il 2014  sarebbe credibile se si procedesse ad una spending review che per il triennio 2012-2014 vada a recuperare sul lato della spesa, non delle entrate, il maggior costo del debito e/o le minori entrare che evidentemente non sono nei calcoli del governo, stimiamo una quarantina di miliardi all'anno. In Gran Bretagna hanno trovato subito venti miliardi di risparmi nella macchina pubblica pur partendo da livelli molto piu'bassi, i costi della politica non sono lontanamente  paragonabili ai nostri. Su centoventiduemiliardi di stipendi del settore pubblico siamo sicuri che se si volesse queste cifre sarebbero raggiungibili.

Tutto questo al netto dei trasferimenti dall'Italia al Meccanismo Europeo di Stabilita' che non sono computati nelle cifre dello stock di debito, circa sessantacinque miliardi in tre anni che dalle tasche di qualcuno devono pur uscire, deprimendo ulteriormente il Pil.

Non e' necessario ricorrere alla tesi del complotto per immaginare che con tutta la gente che senz'altro sa fare i numeri in questo governo ma decide di presentarne di falsi, vi e' forse un grande disegno europeo, le dimissioni di Juncker possono fare riflettere, che comporta una progressiva perdita di potere decisionale a favore dei paesi piu' forti.
 
 


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