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Lavoro nel mondo
Lavoro in Italia
11-07-2008

Tesoro e Banca d'Italia si può sperare in un lavoro comune?

Dal Giappone arrivano notizie dell'esito del G8, un organismo autoeletto che non rappresenta più i vari attori dell'economia mondiale (mancano Cina, India, Brasile, i produttori di petrolio, gli africani). Il fallimento di turno riguarda l'accordo per il dimezzamento delle emissioni per il 2050 (anno in cui i politici che oggi vengono giudicati dall'opinione pubblica non ci saranno più). L'opposizione dei paesi emergenti, giusta e strumentalizzata,che difendono la loro rivoluzione industriale, non è sugli obiettivi ma sulla mancanza di proposte concrete per obiettivi intermedi. E' curioso che mentre i manager cercano di farsi misurare su obiettivi di breve periodo (è facile licenziare e fare quindi risultati ad un anno) i politici cerchino di rimanere aggrappati al proprio comodo ruolo provando a non essere misurati affatto.
Sull'operato della Banca Centrale Europea non siamo gli unici a pensare che, escludendo l'incompetenza dalle cause possibili, vi sia in atto una pressione dei paesi forti per estromettere dall'area Euro i paesi più deboli. Non è possibile che lo stesso giorno Trichet parli di politica volta a contrastare le pressioni salariali e Draghi sostenga che gli stipendi in Italia sono troppo bassi. Dopo tutto si tratta di due membri dello stesso direttivo.
A casa nostra si assiste ad una completa opposizione tra Tesoro e Banca Centrale sulla concezione del mercato. Draghi critica la tassa che prevede la indeducibilità degli interessi passivi, ma lo fa per le banche, non per le compagnie petrolifere. Tremonti, la cui impostazione dirigista evoca qualche ricordo inquietante, propone all'Ecofin un intervento sulla speculazione Finanziaria che manca della possibilità concreta di attuazione. Non esiste un meccanismo possibile per controllare a posteriori se il livello di speculazione sui contratti a termine per il petrolio ed il mercato dei cambi sia giustificato da collusioni tra varie istituzioni finanziarie. Esistono invece meccanismi molto semplici per limitare la speculazione attuabili in via preventiva.
Ieri, ad esempio Goldman e Ubs son usciti con giudizi di vendita su Safilo e Heidelberger Drueckmaschinen, facendo precipitare i titoli vicino al prezzo obiettivo indicato nelle loro ricerche, su motivazioni che sono vere da due anni, non da ieri. Chiedere alle banche di dare informazione su quale sia la propria posizione titoli in portafoglio prima di emettere un'analsi su un'azienda sarebbe molto facile. Limitare la possibilità delle banche di andare molte volte a debito sul proprio capitale (UBS aveva, al momento della crisi più acuta, 40 volte più debiti che capitale) sarebbe altrettanto facile. Ma senza coordinamento tra le istituzioni, nell'interesse comune, si tratta solo di utopie irrealizzabili.


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