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24-07-2007

Giappone al voto

Le elezioni di domenica in Giappone riguardano solo la camera alta e pertanto, anche in caso di vittoria del Partito Democratico, non porterebbero necessariamente alle dimissioni di Abe, uno dei primi ministri meno amati della recente storia. Ma in Giappone si assiste, un po' come in tutti gli altri paesi industrializzati con una popolazione che invecchia, a fluttuazioni nel favore dell'elettorato di proporzioni enormi, ogni qualvolta temi come la riforma delle pensioni (si veda quanto sta succedendo in Italia) vengono affrontati. Esponenti del partito di maggioranza, l'LDP, si sono affrettati in questi giorni ad avvertire dei rischi che la Banca del Giappone farebbe correre all'economia con un aumento dei tassi, che avrebbe a detta loro forti conseguenze sul consumo interno. In realtà avrebbe invece, a nostro parere, esattamente l'effetto contrario: minori differenziali di interesse con altri paesi eviterebbero che la massa monetaria continui in larga misura a migrare all'estero in cerca di ritorni migliori, rendendola disponibile per dare fiato all'economia domestica, aumentando di conseguenza anche il gettito fiscale.
Abe ha già detto che comunque vadano le elezioni non lascierà la guida del suo partito: a oriente come ad occidente, non c'è purtroppo limite al danno che politici egocentrici possono fare ai loro paesi. Nonostante alcune gaffes diplomatiche, la gestione di Koizumi rimane una delle più brillanti dell'ultimo ventennio.

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