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31-01-2011

Materie prime, la nuova frontiera della speculazione

Gli scontri in Tunisia ed in Egitto coincidono non casualmente con l'enorme rincaro delle materie prime di tipo agricolo cui si assiste sui mercati. Vi sono ragioni reali per il fenomeno: qualche centinaio di milioni di persone ha iniziato a mangiare meglio. Come sempre, ogni fenomeno speculativo si innesta su una base di realta' ma il prezzo che alcuni alimenti hanno raggiunto mette in alcuni casi a Rischio la sopravvivenza di intere fasce della popolazione: in India un litro di latte costa intorno ai 35 centesimi, la meta' che in un supermercato italiano, dove pero' il consumatore dispone di una capacita' di reddito superiore di venti o trenta volte.
Molte derrate alimentari sono ora quotate sui mercati globali dai grandi operatori finanziari o"rimpacchettate" in vari prodotti strutturati; l'impressione chiara e' che l'enorme Leva Finanziaria con cui il sistema degli intermediari continua a convivere sia ora ampiamente utilizzata non solo per speculare sui mercati mobiliari ma anche su beni che riguardano questioni di sopravvivenza per molte popolazioni. Ma l'impoverimento generale dei paesi occidentali, nel riportare la scala dei consumi dei cittadini ad un livello piu' basso, crea rischi di tensione sociale anche in economie avanzate.
A questo si aggiunge l'eccessivo sfruttamento del territorio, che in Australia ed in Brasile ha recentemente causato disastri naturali.
Larga parte dei giacimenti di petrolio ancora non sfruttati si trova inoltre in luoghi per cui l'estrazione pone problemi di Rischio ambientale analogo a quello del caso BP.
In questo contesto, continuiamo a credere che i mercati azionari siano ampiamente sopravvalutati ma che si aprano delle opportunita' di investimento interessanti fuori dai temi che gli investitori hanno tipicamente cavalcato in questi due anni: il rinnovabile ritorna appetibile, perche' e' verosimile che il prezzo del petrolio rimanga elevato, le aziende che investono in infrastrutture in Cina lo sono, perche' l'inevitabile rivalutazione dello yuan spostera' l'interesse degli investitori dalla esportazione all'investimento locale.
Per quanto i "saggi" di Davos abbiano speso larga parte di questi giorni a chiedere di smettere di puntare il dito sul sistema finanziario, e' proprio da li' che nascono questi nuovi eccessi.
La politica rimane tendenzialmente immota sula capacita' di manovra dei grandi della finanza perche' scambia questa liberta' con la promessa implicita che le banche aiuteranno a piazzare l'enorme quantita' di debito che gli stati occidentali dovranno continuare ad emettere nel prossimo decennio.
Sino a che non si decide di spezzare con coraggio questo legame, l'investimento andra' sempre piu' indirizzato ad aziende sane capaci di crescere lontano dai salotti della politica e facendo ricorso all'autofinanziamento.

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