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22-12-2016
Unicredit, Dopo Mps il Rischio di Sistema si Amplia
| Se l'ultima versione di questo brutto romanzo giallo è definitiva, Atlante, che in questa operazione rischia di fare un sacco di soldi, sottoscriverebbe un miliardo e mezzo di sofferenze e coordinerebbe la dismissione del rimanente pacchetto ma senza il prestito ponte che avrebbe dato almeno sulla carta più tempo per trovare la soluzione. A questo punto però lo stato oltre all'aumento di capitale dovrebbe accollarsi anche le sofferenze: le due cose insieme sostanzialmente prosciugherebbero i venti miliardi destinati per decreto al sistema (bisogna anche pagare le banche dell'ex consorzio). In quel caso, dato che azionisti e obbligazionisti detentori delle subordinate vengono sostanzialmente azzerati, sarebbe meno costoso trasferire i depositi su una banca solida ad esempio Intesa e mettere la banca in risoluzione. Almeno non si creerebbe un precedente che è poi destinato a riverberarsi sui futuri aumenti di capitale, anche se gli operatori fanno di tutto per sostenere il titolo di Unicredit, proprio per trasmettere la sensazione della unicità del caso MPS. Il consorzio di garanzia di Unicredit non è a fermo, quindi se non si trova il modo di piazzare l'aumento sul mercato è probabile che i partecipanti, anche in questo caso, si sfilino. Se invece si vuole salvare a tutti i costi la banca, ed è oramai la soluzione peggiore, è molto probabile che le sofferenze di MPS siano scaricate nei portafogli del risparmio previdenziale, perchè difficilmente lo stato sarà autorizzarto in sede UE a un tale intervento: con un ulteriore danno significativo per i risparmiatori, che però se ne accorgeranno tra molti anni. |